[Premessa]
Crediamo
sia una sensazione comune a quanti si occupano dell’argomento da tempo
e in modo non occasionale: più se ne parla, più la nozione
stessa di telelavoro sembra farsi sfuggente, dilatandosi e sfrangiandosi
oltre le pur ampie definizioni che ne sono state date nel tempo e i tentativi
di classificazione in precise tipologie.
Prendiamo
questa definizione (utilizzata in un quaderno che la Italtel ha recentemente
dedicato al tema: Telelavoro e teleimpresa): “Forma flessibile di
lavoro che coinvolge una vasta gamma di attività svolte in luoghi
spazialmente separati dalle sedi aziendali, basata sull’elaborazione elettronica
delle informazioni e sull’utilizzo di reti di telecomunicazione per collegare
lavoratori e imprese”.
Ci
pare che essa colga abbastanza bene la molteplicità di situazioni
che già oggi si presentano nelle organizzazioni in cui l’information
technology è utilizzata in modo sistematico. Se da un lato, infatti,
comprende le tipologie che siamo da tempo abituati ad associare al telelavoro
– quali homework, satellite office, telework center,
mobile work –, dall’altro le supera identificando, in qualche modo,
un continuum di modalità pratiche basate su interazioni remote
dei lavoratori, fra di loro e con l’organizzazione aziendale.
Anch’essa,
tuttavia, appare già in qualche modo datata per il riferimento a
quelle “sedi aziendali” in cui sembra ancora identificarsi l’essenza stessa
dell’impresa, ignorando l’emergere di quelle aziende virtuali che
si vanno affermando grazie all’esistenza delle reti planetarie e per le
quali la delocalizzazione è praticamente totale.
La
esplosione delle information and communication technologies, e in
particolare della internet technology, è, anche dal nostro
punto di vista, il dato più rilevante degli ultimissimi anni. Lo
si può facilmente verificare nei sempre numerosi convegni dedicati
al telelavoro: mentre nel passato (comunque recente) l’attenzione era prevalentemente
rivolta agli aspetti organizzativi e normativi, oggi sono gli aspetti tecnici
e le nuove possibilità che si sono aperte, o si apriranno a breve,
a fare aggio sulle prime e rivelare le prospettive di grande flessibilità
cui si fatto cenno all’inizio.
Questo
significa che disponiamo già delle “autostrade informatiche” e che
quanti di noi fanno un lavoro di tipo intellettuale sono ormai affrancati
dalla schiavitù della sede di lavoro? Oppure che le aziende si apprestano
a sgombrare la maggior dei loro uffici e ad utilizzare le prestazioni di
persone – dipendenti e non – che operano dal loro domicilio, da centri
attrezzati e diffusi sul territorio o che si muovono sul territorio restando
sempre in contatto con la “base” e i colleghi telelavoratori?
Beh,
no, non è proprio così. E non sembra che questa possa essere,
a breve, la situazione normale, nemmeno per le aziende che non sono legate
alla fabbricazione di oggetti fisici.
Qual
è allora lo stato dell’arte, parlando di telelavoro, in una azienda
hi-tech, come l’Italtel, che progetta e produce sistemi di telecomunicazioni,
ha oltre 3.000 addetti ad attività di ricerca e sviluppo, centinaia
di lavoratori che svolgono attività di service su tutto il territorio
nazionale,e che possiede da anni
reti informatiche interne che servono e collegano le diverse sedi e hanno
via via amplificato le possibilità di interazione a distanza?
Chi
svolgesse oggi una indagine all’interno, anche limitata a dirigenti e quadri,
trarrebbe probabilmente la conclusione che il telelavoro è sostanzialmente
estraneo alla nostra organizzazione, e che comunque pochi hanno tuttora
sull’argomento una conoscenza o un interesse specifico. In particolare,
non sembra emergere un reale “bisogno” di telelavoro, avvertito come tale
dall’organizzazione aziendale in relazione a qualcuno dei propri obiettivi,
quali la produttività, l’efficienza, la riduzione dei costi, il
mantenimento o l’acquisizione di professionalità critiche.
Eppure,
se sono vere le considerazioni generali appena fatte, esse lo sono anche
per l’Italtel, così come è vero che da oltre tre anni è
in atto una sperimentazione di telelavoro domestico, anche se limitata
e forse più nota all’esterno che all’interno.
Con
questo scritto ci proponiamo pertanto, da un lato, di fornire un contributo
alla conoscenza dell’architettura e delle potenzialità delle reti
interne (o “aziendali” in senso lato, valide cioè per qualsiasi
organizzazione, compresa la pubblica amministrazione) e quindi delle diverse
manifestazione di telelavoro che le stesse portano con sé;
dall’altra di esporre le caratteristiche e le risultanze dell’esperimento
di homework in atto.
1.
Le “technicalities” e le conseguenze
L’esperienza
di telelavoro domestico in Italtel, attuata nell’ambito delprogetto
Worknet approvato dalla Comunità Europea nel 1994, si caratterizza
per il fatto che, per i nostri lavoratori sono “delocalizzati” nelle proprie
abitazioni senza riassetti organizzativi mantenendo mansioni e compiti:
nella aleatorieta’ delle semantiche organizzative”(v. le premesse), il
telelavoro di Italtel puo’ essere quindi definibile come “lavoro a casa”.
Infatti,
diversamente da altre esperienze che ricadono sotto la vasta accezione
di telellavoro (come la remotizzazione del personale di help desk, la creazione
di Call center specializzati, oppure la dotazione di ufficio mobile al
personale di vendita, per definizione NON presente assiduamente presso
il luogo di lavoro) le attivita’ sono rimaste le stesse che venivano svolte
sul luogo di lavoro e questa “continuità” ha portato ad interessanti
osservazioni di tipo non solo tecniche ma socioorganizzative,come
trattato soprattutto nella seconda parte.
Tecnicamente
parlando, presso le abitazioni e’ stata predisposta una postazione casalinga
standard (PC+telefono+fax) che permettesse al telelavoratore di operare
localmente in modo autonomo e di comunicare con l’azienda; utilizzando
le preesistenti strutture della Rete di Comunicazione (v. 1.1) ci (e ovviamente
l’effetto traino di Internet si e’ fatto sentire)si e’ molto concentrati
sulle modalita’ di connessione, accesso e controllo sicurezza con un sistema
(GUARDIAN) dalleforti caratteristiche
“proprietarie”.
Dal
1995 poi, l’esplosione delle internet technologies, a cui Italtel
e’ particolarmente sensibile visto il ruolo giocato nel settore delle telecomunicazioni,
ha aperto tutta una serie di nuove opportunità tecniche: GUARDIAN-2e’
diventato a tutti gli effetti un sistema assolutamente analogo a quelli
in dotazione agli ISP (Internet Service Provider), la rete interna di Italtel
è stata fatta migrare rapidamente ad Intranet (anche qui facilitata
dalle precedenti infrastrutture), i modem di accesso e quelli casalinghi
sono stati portati ad ISDN, la dotazione di PC e’ stata irrobustita ed
integrata dal browser standard Java-enabled per l’accesso
a basi di dati e sistemi informativi aziendali.
A
questo punto è disponibile una maggior facilità di utilizzo,
la navigazione in Internet (sul canale di interconnessione aziendale),
la possibilità di comunicazione contemporanea voce/dati e, non ultima
, la maggior velocità (64/128 kbps)consentita
da ISDN , con la quale e’ stato possibile condurre anche i primi esperimenti
di videotrasmissione.
Il
“parco” telelavoratori non si è sostanzialmente arricchito, è
però parecchio cresciuto (e ovviamente l’effetto traino di Internet
si e’ fatto sentire) il numero di persone Italtel che utilizzanoquesto
sistema fuori dall’orario di lavoro e/o fuori sede: per esempio e’ stato
possibile organizzare a costi bassi un servizio di accesso al personale
in trasfertae addirittura al personale
operante all’estero in località (tipiche per Italtel) non particolarmente
dotatedisistemi
di telecomunicazioni.
1.1,
La Rete di Comunicazione – il Sistema Informativo Tecnico–Architettura
e caratteristiche
Come
gia’ accennato in Italtel era preesistente l’infrastruttura della Rete
di Comunicazione della Ricerca e Sviluppo, con le interconnessioni tra
tutti i sistemi di elaborazione aziendali nelle unità produttive
e tra di esse (v. fig. 1); il che ha consentitodi
creare un unico punto di accesso dalle reti esterne, concentrando e semplificando
le problematiche di controllo di sicurezza degli accessi e di accounting:
La
RCRS e’ “datata”: nasce in effetti nel 1983, ma gli obiettivi di allora
(fornire una infrastruttura di rete con la quale permettere la comunicazione
e l’integrazione tra enti diversi aziendali) mantengono tutta la loro validita’:
in effetti la caratterizzazione stessa di Italtel (azienda manifatturiera
in un settore hight-tech, con una forte componente di progettisti e tecnici)
comportava gia’ allora, e con un certo anticipo, la necessita’ di fornire
strumenti di comunicazione informatica (file transfer, email, remote access)
tra le diverse realta’ aziendali, perdipiu’ distribuite sul territorio
nazionale.
Dal
1991 si e’ cominciato a distribuire lo stesso tipo di prestazione a utenza
“clerical”, soprattutto nelle aree di produzione e logistica, e l’automazione
della fabbrica di Palermo e’ un eccellente esempio.
Un
problema era pero’ costituito dall’eterogeneita’ dei sistemi: l’utilizzo
di ambienti IBM, DEC e UNIX (a cui si sono aggiunte le architetture Microsoft),richiedevapero’
la conoscenza di diversi protocolli e strumenti : la SNA di IBM, la DNA
di DEC e i sistemi peer-to-peer TCP/IP gia’ in fase di espansione.
Il
sistema di controllo accessi GUARDIAN era preesistente alla partenza dell’esperimento
in quanto era già in uso per figure professionali “itineranti” (tecnici
di assistenza , progettisti in intervento presso il cliente) e forniva
gia’ la possibilita’ di emulazione terminale e file transfer su qualche
centinaiodei sistemi in Rete.
Nel
1994, allo startup della sperimentazione, tutti i siti Italtel erano quindi
gia’ connessi tra loro ed era gia’ possibile da un unico punto di accesso
avere la visibilita’ sulla quasi totalita’ dei Sistemi Informativi.
fig.
1
Il
“telelavoratore” Italtel differiva ovviamente dagli utenti preesistentiper
la variante agli istituti contrattuali (un apposito contratto comprendente
diverse clausole “di salvaguardia”, tipo …XXXXX. è stato stipulato
con l’azienda) e per la conseguente maggior garanzia di funzionamento
e presidio che veniva richiesta da questa attività ”formalizzata”.
Ancora adesso in Italtel , di fronte alle circa 200 utenze che usano le
stesse modalità di accesso remoto,i
telelavoratori propriamentedetti
sono solo i circa 15 che hanno stipulato il contratto che gli consente
l’attività lavorativa presso il proprio domicilio con la presenza
in azienda solo un giorno alla settimana, ma mentre agli altri il servizio
viene offerto come prestazione aggiuntiva, per questi ultimi diventa un
fattore imprescindibile per l’ottenimento della prestazione.
Il
GUARDIAN, realizzato internamente, era costituito da::
nbatteria
di modem su linea telefonica (PSTN) con Numero Verde eautomatic
callback (quindi con i costi di comunicazione a carico della Societa’),
nsoftware
di riconoscimento utente che consente l’accesso, tramite “password” e controllo
del chiamante, a qualsiasisistema
di elaborazione in azienda
ndisponibilita’
di tutti i protocolli, preconfigurati e sincronizzati con il software del
PC.
La
postazione “casalinga” era compostada
PC standard (486 per l’epoca) , stampante, fax, modem a 19.2kbps e linea
telefonica a carico della azienda. Il software era a standard aziendali,
piu’ la suite di protocolli e strumenti per la connessione.
Le
funzioni svolte erano la creazione di documenti, l’aggiornamento di database,
lo sviluppo di software e il testing di apparecchiature in rete.
La
prima versione di GUARDIAN, realizzata con tecnologie e protocolli proprietari,
consentiva l’accesso solo in modalità dati (quindi terminale remoto,
file transfer, posta elettronica): il telelavoratore per comunicare telefonicamente
doveva disconnettersi dal modem e quindi doveva sequenzializzare le operazioni..
–1.2
Intranet e Internet I
numeri e le modalità di utilizzo della rete
Nel
1994 Italtel decise di utilizzare al massimo le Internet technologies:
furono cosi’ impostate l’Intranet aziendale (i4web), con la definizione
dei servizi relativi, in particolare l’email., la pubblicazione di documenti
e l’accesso ai DB aziendali, anche sui sistemi legacy (v fig.2)
L’
obiettivo era di rendere tute le risorse dell’Information Technology aziendale
disponbili da un unico punto di accesso: la Rete, gia’ in fase di migrazione
verso TCP/IP e’ stata ampiamente “bonificata” utilizzandostandard
di addressing e naming conventions, realizzando “ïsole”dipartimentali
e sviluppando un insieme di regole (netiquette) per la presentazione dei
dati sulla rete in modo da essere accessibile al browser standard caricato
su ogni postazione di lavoro
fig.2
A
tutt’oggi sono in Rete circa 8000 PC, che accedono direttamente a dati
disponibili su 40 webservers “ufficiali” (piu’ circa 150 altri), con 60000
pagine HTML, a circa30 GB di dati
“navigabili” (compresi i CDROM online), all’accesso a circa un centinaio
di siti Internet company-compliant e ad una quindicina di DB gia’ abilitati(piu’
tutti quelli accessibili tramite gli emulatori Java-enabled per
terminale tipo 3270 e VT100).
In
fig.3 i dati di accesso al server principale, che contiene tutte le directories
(telefono, indirizzo di email, mappa dei servers,…) e le informazioni sugli
standard (oltre ad un certo numero di utilities).
fig.3
Conseguentemente
e’ stato rivisto il sistema di controlli accessi, integrato nel firewallInternet
e rinominato GUARDIAN 2; le caratteristiche principali sono (v. fig.4):
nl’integrazione
nel PABX aziendale, con l’aumento del numero degli accessi contemporanei,
con la selezione automatica a rotazione, con i costi a tariffe quadro.
nI
modem sono a 56 kbps (anche se vengono utilizzati per la maggior parte
a 28.8 kbps)
ntutta
la tecnologia di accesso e’ PPP, il software di riconoscimento utenti e’
stato integrato con le Common Directories interne (via LDAP).
nsono
stati prima testati e poi rilasciati gli accessi ISDN
ne’
stata anche predisposta la stazione mobile per i “nomadici” con accesso
via cellulare GSM:
nogni
mese viene prodotto automaticamenteil
rapporto di utilizzo per singola linea.
fig.4
La
postazione casalinga e’ stata parimenti rivista:
-il
PC standard ha una CPU pentium, Ram a 32 MB, 2 GB di hardisk,
-la
linea e’ stata upgradata a ISDN 9e modem relativo) con 64 kbps per trasmissione
dati(128 kbps per i piu’ “smaliziati”).
-Il
software che esegue la chiamata e il relativo riconoscimento e’ stato integrato
nel browser
-tutti
i telelavoratori hanno anche i diritti di accesso alla full-Internet sul
canale aziendale
In
questo modo il telelavoratore ( e gli altri, che pero’ hanno ancora il
modem analogico) accede alla Rete aziendale con le stesse funzioni del
posto di lavoro in ufficio, con al sola differenza della diversa prestazione
tra l’ ”attacco” ethernet e il collegamento ISDN.
Pero’
anche cosi, oltre al
mantenimento delle precedenti funzioni ( l’emulazione
di terminale, il file transfere
laposta elettronica sono state portate
in modalita’ Internet)sono stateintrodotte
nuove funzioni, quali la condivisione di documenti, il web-publishing,
la “navigazione” Internet/Intranet. Interessanti i primi sperimenti di
videoconfernze da PC a PC o utilizzando un “reflector” interno. Sicuramente
ha avuto molto successo la possibilita’di telefonare e interagire via computer
col collega in contemporanea.
1.3I
comportamenti e i costi
Già
in questa prima fase “tecnica’ sono state possibili le prime osservazioni
“organizzative”: l’importanza del “capo” nell’organizzazione e nel controllo
di tale nuova modalita’, la necessita’ di rientro periodico in azienda
per la sincronizzazione con i gruppi di lavoro, lanecessità
comunque di mantenere rapporti “socializzazione” e di coinvolgimento nella
vita aziendale.
Qualche
considerazione è stata possibile anche dal punto di vista economico,
tecnico e comportamentale:
-
dal punto di vista tecnico, forti anche delle precedenti esperienze e della
“cultura” di una societa’come Italtel,
il problema piu’ sentito e’ stata la necessita’ di prevedere un forte servizio
di supporto, dall’help desk per la risoluzione dei problemisoftware
alla previsione di manutenzione hardwaredegli
apparati e di approvvigionamento deimateriali
di consumo: ovviamente da questo punti di vista il telelavoratore non gode
della sinergia del luogo di lavoro e la lontananza puo’ produrre frustrazioninon
da poco, con la conseguente perdita di motivazione.
-
i costi della comunicazionesono
un punto dolente: sono elevati.Anche
in considerazione del fatto chei
telelavoratori Italtel sono quasi tutti fuori settore milanese, quindi
con i costi della quelli della normale teleselezione, e unaprolungata
seduta di accesso remoto interattivo richiede tempi non brevi…. Ci troviamo
“bollette” anche dell’ordine
dei 16 miolit/anno: questo e’ un tema dove i gestori dei servizi di telecom
hanno molto da lavorare (e non solo loro: la “sostenibilita’della sviluppo”
andrebbe sostenuta …)
--
e’ anche interessante notare come, dovuto anche al numero limitato di telelavoratori,
emergono le diverse individualita’: per esempioil
telelavoratore maschio che sente di più la lontananza dall’azienda
come momento sociale (oltreché lavorativo); oppure l’ovvio (ancorche’
imprevisto)sviluppo del lavoro “notturno”
oppureper altri versi la richiesta
di accedere anche dalla seconda casa che ha portato a dover considerare
la “formula weekend”.D’altra parte,
avendo stipulato una modalita’di lavoroinsensibile
agli orari aziendali era il minimo che potesse capitare …
Un’altra
osservazione: non ci sono stati problemi per la “tracciatura” eseguita
dall’azienda sulle attivita’ da remoto: forse facilitati anche dalla professionalita’
degli interessati, e’ stato immediatamente compreso che questa veniva e
viene eseguita solo per motivi di security (impedire gli accessi a non-Italtel)e
capacity planning, senza nessuna intenzione di controllo delle attivita’
lavorative
1.4
I lavoratori Italtel fra “navigazione” e “telelavoro”
Come
gia’ ricordato piu’ volte, la popolazione di utenti di questo tipo di servizio
e’ molto superiore a quella dei telelavoratori in senso stretto. Le funzioni
che hanno a disposizione i due gruppi di utenti sono pero' identiche ,
per cui l’analisi deiprofili di
utilizzo dei due campioni si presta ad alcune interessanti considerazioni.
Prima
di tutto, vengono rilevati per ogni connessione ila durata e il traffico
sulla linea: e’ possibile abbinare la connessione al singolo utente perche’
e’ obbligatorioil riconoscimento,
ma non viene effettuata alcuna analisi dei contenuti.
In
termini totali abbiamo circa 900 connessioni/mese a buon fine, di cui circa
250 per i telelavoratori., per circa 350 h/mese di collegamento.
Per
esempio il telelavoratore(v. fig.
5) effettuamensilmente un numero
molto maggiore di connessioni (ovviamente) per periodi mediamente molto
piu’ brevi: sfrutta il tempo macchina locale per certi tipi di elaborazione
e, contando su un sistema di accesso piu’ garantito, si puo’ permettere
di sconnettersi e riconnettersi tutte le volte che ne ha voglia. Gli altri
sfruttano di piu’ ilbuon esito
del tentativo di connessione (se poi sono all’ estero, in condizioni non
proprio favorevoli, tendono a massimizzare l’utilizzo)
fig
5.
Interessanti
considerazioni derivano poi dall’analisi dei “traffici”: qui abbiamo considerato
il rapporto KB-inviati/KB-ricevuti come paradigma di comportamenti non
solo aziendali: come gia’ messo in evidenza, la Rete e’ un’Intranet molto
sviluppata,e fornisce servizi assolutamente
simili a quella dell’Internetpubblica(ovviamente
i contenuti sono pero’aziendali) quindi browsing sulla documentazione,
utilities di supporto, posta elettronica, newsgroups, bacheche e qualche
timido tentativo di funzioni multimediali: bene, per gli utenti non in
telelavoro il fattore I/O si aggirano intornoa
quell’ 1:10 prima teorizzato poi riscontrato per gli utenti di Internet
pubblica..
In
effetti unvalore altoe’
sintomo diuna modalita’ di utilizzo
passivo (come l’utente della televisione che schiaccia il bottone
del telecomando) con poca interattivita’): i nostri utenti, con applicazioni,
sono intorno a 1:6 medi, e i telelavoratori in particolare intorno
a 1:4, e soprattutto e’ interessante il fenomeno visto temporalmente:
un nuovo utente (telelavoratore o no) inizia con valori alti che si abbassano
col tempo, sintomo di un gradimento e di una consuetudine alll’utilizzo
che porta ad un maggior sfruttamento delle possibilita’ offerte dal mezzo,
che porta ad una maggiore proattivita’ complessiva (per esempio, non solo
a leggere online un email ma a rispondere subito).
I
costi, come gia’ detto, ne risentono, ma soprattutto per la “bolletta”
telefonica: e anche qui le considerazioni sul ritorno dell’ínvestimento
andrebbero fatte caso per caso: intanto un tempo maggiore di connessionee’
di per se sintomo di utilizzo: che avvenga in coerenza con i fini aziendali
e’ responsabilita’ del capo di controllare; poi possiamo citare esempi
come quelli di connessioni da paesi islamici non precisamente all’avanguardia
(e non solo dal punto di vista tecnologico) dove questa possibilita’e’
praticamente la sola modalita’di collegamento dati per accedere e/o mandare
informazioni in tempi rapidi.
Ma
torniamo all’esperienza di telelavoro, vista ora come momento dell’organizzazione.
5.Lasperimentazioneditelelavorodomesticoinatto
5.1.Come
nasce homework ’94
– Gli obiettivi
La
sperimentazione di homework tuttora in corso non può essere
ricondotta a una decisione improvvisa, presa quando, nel febbraio del ‘94,
la Italtel ha aderito al Progetto Worknet. Come si è visto, esistevano
già in azienda situazioni riconducibili al telelavoro in senso lato,
le condizioni tecniche stavano evolvendo ed offrivano nuove concrete possibilitàe
c’era un interesse specifico, almeno di tipo teorico, nelle funzioni aziendali
istituzionalmente rivolte all’innovazione.
Era
però necessario, in primo luogo, che si creassero le condizioni
e i tempi fossero maturi: questo è avvenuto sia per effetto della
quasi completa numerizzazione della rete telefonica italiana e dei nuovi
servizi che questa rende possibili, sia come conseguenza delle trasformazioni
interne che tecnologia e mercato hanno imposto all’Italtel. Negli anni
‘70 questa era ancora un’azienda con oltre il 75 per cento del personale
impegnato in attività di produzione; oggi è una realtà
composta in prevalenza da impiegati, con molti diplomati e laureati, e
con oltre 3.500 addetti alla ricerca e sviluppo.
Occorreva
poi un’occasione, che si è presentata con il Progetto Worknet,
coordinato dalla ASTER[1]
di Bologna ed approvato dalla Commissione delle Comunità Europee,
DG XIII, all’interno dell’iniziativa “Accompanying measures and preparatory
actions in the areas of advanced communications and technology developments”.
L’Italtel si è così impegnata, insieme ad alcuni altri subcontractors
italiani e francesi, a progettare, realizzare e valutare un esperimento
pilota di telelavoro, e, nel suo caso particolare, di homework.
L’obiettivo
principale dell’adesione al progetto era ovviamente quello di verificare
se e come la cosa potesse “funzionare”, con particolare riguardo ai benefici
che potevano effettivamente venire dal telelavoro, con particolare riguardo
a:
a)miglioramento
dell’efficienza
in termini di:
-miglioramento
della produttività
-riduzione
dei costi
-riduzione
dei livelli gerarchici
-aumento
della flessibilità
a?miglioramento
nell’utilizzo delle risorse umane e della competitività sul mercato
del lavoro:
-possibilità
di attrarre segmenti della forza lavoro altrimenti inaccessibili (lavoratori
residenti in zone isolate)
-possibilità
di trattenere personale pregiato che potrebbe altrimenti dimettersi per
ragioni personali (familiari, in particolare).
Ma
c’è un’altra motivazione che l’Italtel non poteva ignorare: la diffusione
del telelavoro anche nel nostro paese crea le premesse per nuove opportunità
commerciali nello specifico settore di attività.
Le
attività di progettazione e di preparazione della sperimentazione
- le sole ad essere finanziate dalla Comunità insieme con quelle
successive di sostegno e supervisione della stessa - hanno quindi occupato
per alcuni mesi le funzioni aziendali interessate, in primo luogo quella
del personale, alla quale spettava, oltre che definire le condizioni “normative”,
il compito più delicato: quello di convincere il management della
aree aziendali potenzialmente interessate.
Le
prime reazioni (con qualche eccezione) non sono state incoraggianti. I
responsabili delle varie Business Unit su cui l’azienda è articolata
erano sì interessati ai benefici potenziali del telelavoro in termini
di flessibilità, produttività e costi, ma ancor più
si mostravanopreoccupati per i problemi
organizzativi e culturali che la sua introduzione avrebbe inevitabilmente
portato con sé.
Una
reazione “classica”, forse scontata, anche in aree che hanno l’innovazione
come oggetto principale della loro attività.
Poiché
la sperimentazione avrebbe comunque riguardato un numero piuttosto limitato
di persone, la scelta è stata quella di concentrarsi in poche aree,
tutte caratterizzate da professionalità medio-alte, utilizzo normale
di mezzi informatici, job segmentabili e definibili a livello individuale
anche quando inseriti in programmi di lavoro collettivi.
Ai
lavoratori di tali aree, d’intesa coi capi, è stato quindi presentato
il progetto, richiedendo la disponibilità a diventare, anche provvisoriamente,
dei telelavoratori. Dagli oltre cento lavoratori interpellati è
quindi emerso un pacchetto di candidature, nel quale, sempre con il consenso
e l’intervento dei capi diretti, sono stati individuati i 13 lavoratori
che hanno partecipato all’esperimento pilota.
Questi,
in alcune “istantanee”, i dati più significativi sui 13:
a?dati
anagrafici
·Donne
n. 5: tutte laureate, tutte sposate, 3 con figli
·Uomini n.
8: metà laureati e metà diplomati, un solo celibe, 5 hanno
figli
·Età
media:38
anni (33 se si esclude il più anziano che ne ha 56)
·Anzianità
media
in Italtel: 12 anni (3 la minima e 24 la massima)
·Inquadramento:
2 quadri, gli altri impiegati di alto livello (7ª e 8ª categoria).
b?aree
di attività e mansioni
·Ricerca
Centrale: -
4 Progettisti prestazionali[2]
-
1 Progettista metodi matematici e di simulazione
·Laboratorio
SW Sistemi Privati:-
3 Progettisti software
·Sistemi
Informativi: -
2 Analisti di office automation
-
1 Analista di procedure amministrative
-
1 Analista programmatore
·Strategie,
Studi e Marketing:-
1 Specialista studi e analisi tecnico-commerciali.
c?dislocazione
territoriale
Sulle
postazioni di lavoro messe inizialmente a disposizione dei telelavoratori
e sulla loro successiva evoluzione si è già detto sopra.
5.2.Una
scelta condivisa
Per
chi opera nella funzione del personale l’idea stessa di telelavoro provoca
– o almeno provocava – una ridda di interrogativi teorici e di problemi
pratici che, di primo acchito, appaiono, se non insormontabili, sicuramente
intricati e potenzialmente dirompenti. Basta richiamare alla mente la congerie
di norme e istituti, legali e contrattuali, che ogni giorno trovano applicazione
nel rapporto di lavoro e che tanto spesso danno adito a dubbi interpretativi,
a soluzioni di ripiego,a prassi
discutibili, a vertenze piccole e grandi, per avere almeno un attimo di
sgomento di fronte alla prospettiva di introdurre questa bella novità
per cui i lavoratori diventano in qualche modo degli “esterni”, o addirittura
degli “invisibili”.
In
fondo anche l’atteggiamento tenuto fino ad allora dal sindacato, molto
circospetto se non apertamente negativo, confermava la sensazione che affrontare
concretamente la questione del telelavoro volesse dire – a parte i dubbi
sui costi e sui benefici – andare in cerca di guai. Ma, forse, le attese
difficoltà sindacali avevano fornito anch’esse un “alibi”, tanto
che allora ci fu chi disse e scrisse, dopo aver parlato con qualcuno dell’azienda,
che l’Italtel avrebbe voluto avviarsi già da tempo sulla strada
del telelavoro, ma era stata bloccata dall’espressa contrarietà
dei sindacati. La verità, più banalmente, è che il
problema non era mai stato affrontato in termini concretamente propositivi,
ma solo come ipotesi discusse in sedi informali.
Ma
quando, come già detto, i tempi sono divenuti maturi e non ci si
è più chiesti se fare o meno del telelavoro, ma come farlo,
e si sono affrontati tutti quegli aspetti che sembravano tanto problematici,
si è giunti abbastanza rapidamente alla conclusione che la soluzione
c’era, e nemmeno tanto complessa.
Certo,
parliamo di una sperimentazione limitata, che non comporta rischi rilevanti,
né per l’entità delle risorse impegnate, né per le
possibilità di violare qualche norma o di sollevare conflitti sindacali.
Inoltre la cosa riguarda, come s’è visto, personale ad elevata qualificazione,
abituato ad operare su attività e in ambienti in cui l’efficienza
e l’efficacia è data soprattutto dall’apporto personale, anche se
spesso in collaborazione con altri, e dall’accesso a certe informazioni
attraverso certi mezzi.
La
scelta è stata pertanto di tipo minimalistico: mettere cioè
a fuoco solo quelle regole che non possono non essere toccate dalla peculiarità
del telelavoro, e cioè dalla specificità del luogo della
prestazione, apportandovi i pochi adeguamenti indispensabili e lasciando
tutto il resto inalterato, se non per alcune modalità di interazione
tra lavoratore e azienda, facilitate comunque dalle possibilità
di collegamento date dai mezzi in dotazione.
Una
volta individuati i partecipanti, perciò,è
stato affrontato anche il discorso con la rappresentanza sindacale. In
risposta sono venuti interesse e disponibilità immediati. I tempi,
insomma, erano maturi anche per il sindacato, e non solo nel giro dei convegni
e delle tavole rotonde, ma anche in “fabbrica” (dopo l’accordo Italtel,
uno dei primi in assoluto, altri ne sono venuti a ruota, fino a quelli
più recenti, riguardanti non solo singole aziende, ma intere categorie).
Il
confronto è quindi proseguito su di un piano di trasparenza e con
il comune intento di realizzare comunque la sperimentazione, tant’è
che solo dopo il suo avvio le parti hanno ritenuto opportuno formalizzare
le intese già intervenute in proposito. I primi telelavoratori,
infatti, sono “rimasti a casa” da dicembre ‘94, mentre l’accordo sindacale
è del 17 gennaio ‘95.
In
esso ci si dà atto del comune interesse per il telelavoro e per
la sua possibile introduzione in Italtel in via permanente, e quindi per
una sperimentazione effettuata “senza particolari vincoli normativi ed
operativi che ne possano compromettere o predeterminare il risultato”.
In pratica, poiché le preoccupazioni maggiori la Rsu le ha espresse
per le condizioni professionali e di carriera dei lavoratori coinvolti
e per il possibile isolamento rispetto all’ambiente aziendale, l’accordo
ha assicurato la partecipazione dei delegati alle verifiche periodiche
previste per i lavoratori stessi e per i responsabili delle loro aree di
attività e la possibilità di utilizzare i mezzi di collegamento
per inviare ai telelavoratori anche le consuete informazioni sindacali.
Azienda
e Rsu, infine, si sono impegnate, ad esaminare l’opportunità di
proseguire ed ampliare l’iniziativa e, in caso affermativo, a raggiungere
un accordo quadro “che ne definisca termini e condizioni per una compiuta
regolamentazione della materia”.
Quanto
alle particolari condizioni valide per la sperimentazione, ad ogni telelavoratore
è stata consegnata una lettera - recepita dall’accordo sindacale
- per la loro accettazione. Questi i punti più significativi:
·possibilità
di interrompere la sperimentazione in qualsiasi momento, sia da parte del
lavoratore che dell’azienda;
·rientri
periodici in azienda, con frequenza da programmare con il diretto superiore;
·assegnazione
delle attività a cura del superiore diretto;
·impegno
del telelavoratore ad utilizzare i mezzi a disposizione esclusivamente
nell’interesse dell’azienda e a rispettare le norme di sicurezza;
·orario
di lavoro: di durata normale, la sua distribuzione nell’arco della giornata
è a discrezione del telelavoratore; reperibilità di almeno
2 ore giornaliere, da concordare nell’ambito dell’orario normale, per comunicazioni
e contatti da parte dell’azienda;
·esclusione
di prestazioni straordinarie, notturne e festive, salvo il caso di richiesta
dei superiori per prestazioni in azienda o presso terzi;
·applicazione,
per tutto il resto, dei contratti e dalle norme aziendali vigenti, con
salvaguardia dei diritti professionali e sindacali e con accesso ai servizi
aziendali nei giorni di presenza e, comunque, in caso di bisogno.
In
considerazione delle specifiche condizioni (in particolare dell’occupazione
di spazio presso il domicilio, del consumo di energia elettrica e, soprattutto,
della rinuncia al servizio mensa gratuito, tenuto conto anche delle minori
spese per trasporti ed altro) agli interessati è stata assicurata,
per la durata della sperimentazione, una cifra forfetaria onnicomprensiva.
Due
ulteriori questioni meritano almeno un cenno. Innanzitutto quella, arcinota,
del controllo a distanza dell’attività, vietato dello Statuto dei
Lavoratori, fattispecie che siamo convinti non ricorrere nella concreta
esperienza avviata da Italtel. Il nostro homeworker si collega sì
spesso con i sistemi informativi aziendali tramite la sua postazione casalinga,
ed esiste certamente la possibilità – anzi, per ragioni di sicurezza,
la necessità (v. quanto detto a proposito del sistema GUARDIAN)
– di controllare tali collegamenti: la stessa cosa avviene però,
sostanzialmente, per tutti i colleghi che operano con postazioni, del tutto
equivalenti dal punto di vista funzionale, collocate sulle loro scrivanie
in ufficio, e, in ogni caso, la misura, quantitativa e qualitativa, dell’attività
svolta (non) è funzione si’ diretta del numero e della durata
dei collegamenti, ma allo scopo di garantire il servizio e il relativo
capacity planning, senza nessuna intrusione sui contenuti. A ciò
si aggiunga che il controllo che può essere effettuato con questo
mezzo non ha niente a che vedere con quelli in grado di violare la privacy
e la dignità del lavoratore ed ai quali pensava il legislatore.
L’altra
questione, infine, riguarda la mancanza di norme di legge che regolano
il telelavoro. Trascurando la diatriba sulla sua qualificazione, e in particolare
l’applicabilità delle norme sul lavoro a domicilio (come già
detto, in assenza di altre certezze, consideriamo i telelavoratori come
dipendenti il cui rapporto di lavoro è sostanzialmente regolato
come quello di tutti gli altri), il problema che abbiamo invece affrontato
è quello degli enti previdenziali e di controllo, che in alcune
realtà sappiamo aver sollevato difficoltà. Per parte nostra,
sulla piazza milanese abbiamo invece riscontrato una buona apertura e flessibilità:
quella che ci è stata richiesta, dall’Ispettorato e dall’Inps, è
stata una semplice comunicazione in merito alla sperimentazione e al personale
interessato.
5.3.
Un tentativo di bilancio
Esperienza
limitata, quella che presentiamo: per il numero dei partecipanti, la varietà
delle loro caratteristiche professionali, la tipologia dei mezzi impiegati,
la durata e per molti altri aspetti. Inevitabile, quindi, che anche i risultati
finora verificati debbano essere presi con molta cautela, con tutti i “limiti”
del caso, appunto.
Un
primo risultato è tuttavia innegabile: il telelavoro, in Italtel,
non è più, da alcuni anni, una suggestiva ipotesi, un progetto
a futura memoria o il pallino di un paio di ingegneri un po’ fissati, ma
una (piccola) realtà che c’è e che, particolare tutt’altro
che irrilevante, ha fatto e continua a far parlare di sé.
Al
di là di questa certezza, ci sono le impressioni e le risposte dirette
dei tredici lavoratori, quelle dei loro sei capi, le valutazioni degli
esperti che hanno il necessario supporto tecnico e dei controller
che valutano i costi di avvio e di gestione, le sensazioni degli uomini
del personale e dei colleghi degli interessati. Nel loro insieme ci hanno
dato indicazioni comunqueutili,
purché non si pretenda di attribuire loro validità generale.
Il
primo dato che è emerso con chiarezza già nella prima fase,
e che vale sia per i diretti interessati che per i loro capi, è
l’elevato livello di soddisfazione complessiva per la sperimentazione e
la richiesta di proseguirla.
Dei
13 telelavoristi, 9 si sono dichiarati “molto soddisfatti”, 3 “parzialmente
soddisfatti” e uno solo “insoddisfatto” (sarà infatti l’unico a
non voler proseguire la sperimentazione dopo i primi sei mesi[3]).
Tutti
i 6 responsabili si sono a loro volta dichiarati soddisfatti del lavoro
svolto dai telelavoristi e hanno auspicato la prosecuzione del programma.
I
fattori di successo dell’iniziativa, e cioè i principali vantaggi
del telelavoro, sono stati così individuati, in ordine decrescente
di importanza, dai diretti interessati:
TelelavoratoriResponsabili.
•
aumento della qualità del lavoro svolto•
aumento della produttività
•
miglioramento della qualità della vita•
aumento della qualità del lavoro svolto
•
miglioramento della vita familiare•
maggior coinvolgimento in attività di ve-
•
più concentrazione / minori disturbirifica,
revisione e controllo del lavoro
•
aumento della produttività•
maggiore focalizzazione e concentrazione
•
benefici per l’ambientein
attività di ricerca
•
aumento del tempo libero• aumento
della disponibilità del lavoratore
•
possibilità di analisi più approfondite e•
aumento del grado di soddisfazione dei
complete
dei progetti assegnatilavoratori
Uno
dei principali benefici attesi, il miglioramento delle prestazioni
indotto dal telelavoro, ha trovato conferma sia nelle valutazioni dei responsabili
che nell’autopercezione dei telelavoratori (12 su 13 hanno risposto positivamente
alla domanda specifica su questo punto).
Il
beneficio in questione, in coerenza con le caratteristiche del personale
interessato e delle attività svolte, viene riscontrato soprattutto
nel netto miglioramento della qualità delle prestazioni: 5 responsabili
su 6 hanno indicato un incremento medio valutato nel 25% rispetto alle
prestazioni precedentemente fornite in azienda.
Tra
i fattori alla base del miglioramento qualitativo della prestazione, quello
più importante è, per i telelavoratori, la possibilità
di avere una maggiore concentrazione, con minori occasioni di “disturbo”.
Con questo termine si intendono sia le inevitabili distrazioni dell’ambiente
aziendale, sia l’assegnazione di compiti estemporanei, di supporto o comunque
di minor rilievo, che durante la giornata “distraggono” dal compito principale;
in questa seconda accezione il termine indica pur sempre prestazioni attese,
che possono però essere fornite in modo più concentrato,
ad esempio in uno dei giorni di rientro in azienda.
Una
riprova viene dai responsabili, la metà dei quali giudica non significative
le modifiche all’organizzazione del lavoro indotte dal telelavoro,
ma dalle cui risposte emerge come la maggiore formalizzazione degli obiettivi
individuale, dei piani di lavoro, dei tempi di avanzamento richiesta dalla
presenza dei telelavoratori nelle aree di competenza sia stata essa stessa
uno dei principali fattori del miglioramento delle prestazioni complessivamente
rilevato.
Tra
gli effetti positivi più citati dai telelavoratori c’è il
miglioramento della vita familiare, reso possibile dalla maggior
quantità di tempo disponibile, se non altro per l’eliminazione dei
tempi di percorrenza casa-azienda, e dalla possibilità di gestirlo
in relazione alle proprie esigenze. E’ questo un dato nient’affatto scontato,
che costituiva anzi uno degli elementi da verificare, considerato che il
telelavoro apporta modifiche importanti nel sistema di vita familiare.
In questo senso hanno avuto certamente avuto una positiva influenza tanto
la relativa disponibilità di spazio (le abitazioni hanno una dimensione
media di 105 metri quadri con 3/4 stanze ciascuna), che ha permesso a 7
dei 13 lavoratori di avere un locale riservato al posto di lavoro, quanto
il fatto che la maggior parte dei partner svolgono un’attività lavorativa
esterna (9 su 12). Appare nondimeno rilevante che solo 3 dei telelavoratori
abbiano riscontrato “difficoltà nel gestire le responsabilità
nei confronti della famiglia e del lavoro data la minor nettezza della
linea di demarcazione tra i due mondi”, e che solo in un caso queste difficoltà
si siano tradotte in un aumento della conflittualità tra le mura
domestiche.
Ma
la sperimentazione, com’è ovvio, non ha messo in luce solo aspetti
positivi: sono infatti emerse anche delle criticità e alcune preoccupazioni
che non sono ancora state superate, soprattutto da parte dei lavoratori.
Queste le risposte più significative emerse dalle interviste, parte
delle quali sono anche suggerimenti per il loro superamento dei problemi:
TelelavoratoriResponsabili .
•
opportunità di carriera• limitazioni
nei collegamenti (voce e dati
•
limitata interazione con i colleghiin
contemporanea, oppure da più punti
•
rischio di dedicare troppo tempo al geografici)
lavoro•
riduzione della comunicazione informale
•
rischio di isolamento professionale•
necessità di maggior flessibilità nella
•
limitazioni dei mezzi a disposizionegestione
dei rientri in azienda
•
scarsità delle informazioni sulla vita
aziendale
I
telelavoratori sembrerebbero dunque soffrire per la ridotta interazione
con i colleghi e avvertire un rischio di isolamento, con conseguenti
preoccupazioni per le loro future opportunità di carriera. Va però
detto che si tratta probabilmente più di una inquietudine di fondo
che di un portato dell’esperienza concreta: alle specifiche domande sulle
modifiche indotte dal telelavoro nelle relazioni interne, tutti i telelavoratori
hanno risposto che il rapporto con i colleghi, a parte qualche inevitabile
“aggiustamento” nella fase iniziale, non è né migliorato
né peggiorato; 10 su 13, inoltre, non hanno avvertito alcuna influenza
nel rapporto con il superiore diretto, e fra i 3 che hanno osservato modifiche,
2 hanno apprezzato i maggiori scambi informativi e la maggiore autonomia
nella gestione del lavoro.
D’altro
canto, i lavoratori in questione hanno più volte ribadito, anche
negli incontri periodici di verifica, l’importanza dei rientri in azienda
(la norma è diuna volta
la settimana, ma in non pochi casi si passa a due volte, mentre in un solo
caso la cadenza è più ampia), hanno auspicato un maggior
coinvolgimento dell’azienda per un progressivo ampliamento del numero dei
partecipanti alla sperimentazione ed hanno richiesto di accedere regolarmente,
attraverso la posta elettronica, alle informazioni di carattere generale
sulla vita aziendale.
L’importanza
dei rientri in azienda è stata sottolineata anche dai responsabili,
che ne privilegiano però la funzionalità rispetto alle esigenze
della specifica attività piuttosto che la frequenza o la regolarità:
è stata, ad esempio, ipotizzata una maggior presenza, anche di lunga
durata, nelle fasi di start-up dei progetti e di definizione delle
specifiche, mentre si può pensare a cadenze molto più rarefatte
nelle fasi di sviluppo dei progetti stessi.
Una
segnalazione merita il rischio potenziale di “dedicare troppo tempo al
lavoro”, avvertita da alcuni dei telelavoratori. Va comunque detto che,
in base alle risposte alle domande relative alla strutturazione del proprio
tempo lavorativo, più della metà degli interessati ha affermato
di aver mantenuto, in linea di massima, gli stessi orari dell’ufficio;
solo pochi, invece, hanno impostato una sua diversa distribuzione nell’arco
della giornata, oppure utilizzano anche ore notturne (a tutti, comunque,
capita occasionalmente di fare un po’ di lavoro “fuori orario”, sabati
e domeniche comprese). Le “fasce di reperibilità” giornaliere per
i collegamenti con l’azienda si concentrano soprattutto nella mattinata,
mentre sono pochi quelli che preferiscono il primo pomeriggio: si osserva,
in definitiva, che il maggior impegno lavorativotende
a collocarsi soprattutto in una fascia mattutina “allargata”, che va pressappoco
dalle 9 alle 15.
6?Alcuneconsiderazioniconclusive
Il
fatto stesso che dall’esperimento non si sia ancora passati ad un inserimento
stabile ed esteso del telelavoro domestico in azienda – ciò che
continuiamo a considerare in futuro inevitabile, come inevitabile sarà
una vera diffusione nel nostro paese – è comunque significativo
delle difficoltà intrinseche, che sono essenzialmente di tipo culturale
e investono tanto i singoli e il loro modo di rapportarsi al lavoro, quanto
l’organizzazione (e cioè i “capi” e la concezione che questi hanno
di sé stessi e del loro ruolo).
Volendo
sintetizzare al massimo la questione, si può enunciare questa banale,
ma non per questo meno vera, conclusione fondamentale: per fare il telelavoro
occorre avere un buon motivo per farlo.
L’esigenza
di attuare un progetto di telelavoro può avere molte motivazioni,
ma, probabilmente, non sarà quasi mai avvertita, in condizioni “normali”,
dal responsabile di una specifica area di attività per i lavoratori
che dipendono direttamente da lui, né da un numero significativo
di questi ultimi. Ciò, crediamo, è tanto più vero
per realtà industriali come la nostra, dove esiste una lunga tradizione
di “fabbrica”: lavorare in una organizzazione di questo tipo ha sempre
significato entrare al mattino timbrando il cartellino, occupare un posto
di lavoro, interagire col capo e coi colleghi e svolgere la propria attività
sotto l’occhio, con la guida e con il controllo dell’azienda.
Questo
vale, naturalmente, anche per i capi. Non solo perché ognuno di
noi ha comunque un capo, ma perché la gestione del personale direttamente
coordinato e della relativa attività si concepisce come la possibilità
di poter intervenire in qualsiasi momento su di essa, per valutarla, correggerla,
accelerarla o modificarla, insomma averne quel controllo diretto e “visivo”
che può ovviare alle carenze della pianificazione, e talvolta sostituirla
del tutto.
Questo
meccanismo - insieme, probabilmente, a quell’altro, fondamentale ma difficilmente
confessato, della paura della perdita del ruolo e magari, in prospettiva,
della posizione stessa - sembra essere scattato anche in Italtel quando
dalle ipotesi di introduzione del telelavoro si è passati ad un
progetto concreto. Abbiamo già fatto cenno alle reazioni di molti
responsabili di funzione, che hanno escluso anche la possibilità
di coinvolgere alcuni dei loro capi operativi per convincerli a partecipare
con l’area da loro gestita alla sperimentazione (lagiustificazione
è quasi sempre stata l’impossibilità di mettere a rischio
attività di importanza strategica introducendo questo potenziale
elemento di “turbativa”).
Ciò
detto a livello generale, condensiamo in queste ulteriori considerazioni
il succo della nostra esperienza diretta e delle riflessioni:
?a?non
ci sono , come spesso succede,“interdizioni”
tecniche significative; anzi le
nuove funzionabilita’ disponibili sono in grado di ampliare di per se’
questa modalita’, addirittura in modo “sommerso”.
?b?ci
sono ancora problemi di costi di comuncazioni, sarebbe opportuno per le
aziende in telelavoro un sistema tariffario specifico (come il “numeroazzurro”
Internet);
?c?un
aspetto importante, ma sottovalutato è il “servizio” che l’azienda
deve garantire ai telelavoratori (che per di più ne hanno diritto
anche fuori orario …);
?d?le
modalità’ di gestione di questo tipo di personale deve essere per
forza per obiettivi, e obiettivi misurabili;
?e?se
veramente il telelavoro va inteso come un’opportunità (dalla sostenibilità
dello sviluppo alla motivazione dei lavoratori) non può essere come
una “bieca” riduzione di costi, né tantomeno come un sistema punitivo
o “espulsivo”;
?f?l’aspetto
culturale del “capo” che vuole “vedere” le risorse (non si fida?) è
– lo ribadiamo ancora! – ilproblema
aziendale più grosso.